La violenza di genere negli Iblei.
Nuove prospettive di ricerca dagli atti dei tribunali di Ragusa, Modica e Siracusa
Quello della Storia di Genere è uno dei filoni di ricerca più in auge negli ultimi anni. Fino a tempi drammaticamente recenti, la subordinazione politica, economica e sociale del genere femminile ha caratterizzato i rapporti tra uomini e donne. La Storia di Genere, quindi, si è legata fortemente a quella della Violenza di Genere. Controllo dei corpi, inibizione politica ed economica e la creazione di una morale restrittiva avvallata dalle autorità civili ed ecclesiastiche sono solo alcune delle forme di violenza subite dalle donne dell’età Moderna e Contemporanea. Difatti, a forme di “addomesticamento della donna” (S. Federici, Calibano e la strega, 2020) palesi e spesso sfociate nella violenza fisica, si affiancarono metodi di controllo più insidiosi.
Fonti privilegiate per ricostruire questi sviluppi sono quelle di natura giudiziaria. In particolare, il processo – e tutto quello che è ad esso collegato – può fornire informazioni utilissime e di carattere duplice. Nell’area degli Iblei, gli atti civili e penali dei Tribunali di Ragusa (1895-1955), di Modica (1861-1946) e di Siracusa (1866-1889) sono, sotto questa prospettiva, ricchi di dati e poco esplorati.
Pertanto, l’obiettivo di questa ricerca sarà quello di fare luce su alcuni aspetti della Violenza di Genere negli Iblei attraverso gli atti dei principali tribunali dell’area, concentrandosi sul periodo post-unitario. Le coordinate cronologiche della ricerca saranno fornite con maggiore precisione successivamente. Il risultato, nelle attese, si baserà su alcuni processi “esemplari” per ricchezza di dati, precisione e contenuto, nel tentativo di ricostruire i risvolti sociali, politici ed economici della Violenza di Genere, che non fu soltanto una dinamica privata, fra singoli, ma pervasiva di tutta la società del tempo. Sarà utile, quindi, chiedersi cosa venisse considerata violenza, oltre a quella più evidente di carattere fisico, e ciò che era ammesso dalla normativa e dalla prassi comune. Due elementi, quest’ultimi, che potrebbero sembrare antitetici ma che in realtà non lo furono affatto.
