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Buon Natale e Felice anno nuovo: è questo l’augurio espresso nelle cartoline d’epoca esposte in questi giorni all’Archivio di Stato di Ragusa.

 

C’era una volta un mondo che mandava messaggi e non messaggini, con frasi personali e nate dal cuore.

C’erano fotografi e disegnatori che sapevano cogliere meravigliosamente le atmosfere del Natale  e c’era gente che andava con grande anticipo dal cartolaio a scegliere in bella vista sul bancone le cartoline che più sentiva vicine alla propria sensibilità.

 

Era già, quello, un rituale carico di sacralità. Poi a casa, cercando di far esercizio di bella calligrafia, scriveva sul retro di paesaggi innevati, scene di pastorelli davanti al presepe, stelle comete, slitte scintillanti, angioletti indaffarati, i propri pensieri.

Anche quando si trattava di frasi, come i soliti “Sinceri Auguri di Buon natale”, a renderle più nobili degli sterili messaggi copia e incolla di oggi, precotti da chissà chi e asetticamente riciclati all’infinito, bastava il semplice gesto dello scrivere a mano, l’intingere la penna nel calamaio, l’aspettare che l’inchiostro asciugasse.

Il calamaio? L’inchiostro? Che cosa saranno mai? Non altro che pura stramberia per i figli dell’era telematica.

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